Una scatola bianca a forma di cubo, infilzata da due serpentine stilizzate. Fu questo il logo, graficamente scarno e primitivo, utilizzato dal Partito Comunista Italiano per pubblicizzare e promuovere la Conferenza Nazionale sugli Elettrodomestici che si tenne a Fabriano il 27 e il 28 aprile del 1984. Avevo promesso ai lettori che mi sarei occupato di quell'evento, così lontano nel tempo, non per semplice curiosità storica ma in quanto ricco di possibili attualizzazioni e di un approccio teso a dimostrare che Fabriano non fu soltanto luogo di pensiero tenue ma anche officina di senso critico, seppur minoritario. La conferenza Sugli Elettrodomestici fu sicuramente un momento di confronto alto, che non a caso fece registrare anche la sorprendente partecipazione di Vittorio Merloni e si concluse con l'intervento di Gianfranco Borghini, allora responsabile nazionale del PCI per l'industria e uomo di punta della corrente amendoliana del partito guidata da Giorgio Napolitano. Per ricostruire, a grandi linee, i contenuti della Conferenza è stato necessario ricorrere alle raccolte del Progresso, perchè il quindicinale comunista fabrianese è, di fatto, l'unica fonte a cui è possibile accedere per affinare la conoscenza di quel passaggio, per certi versi profetico, della storia economica fabrianese. I materiali reperiti sono oggettivamente poveri e scarni ma comunque significativi: due articoli di commento e un documento di indirizzo settoriale. La raccolta completa delle relazioni e delle comunicazioni trovò forma editoriale in un libretto edito dal Pci regionale a cui, allo stato attuale, non pare possibile risalire e che forse giace dimenticato in qualche archivio del movimento operaio marchigiano. Per compensare questo limite informativo mi sono messo in contatto con Primo Galdelli, ex deputato e senatore comunista, che fu il principale animatore di quella emblematica iniziativa. La decisione di organizzare una conferenza nazionale nacque come risposta politica a una precisa fase evolutiva del mercato degli elettrodomestici bianchi, ossia in concomitanza con l'acquisizione della Zanussi da parte della svedese Electrolux, che inaugurò un processo di concentrazione dei produttori di bianco destinato a cambiare radicalmente il profilo di un settore a quel tempo ancora assai frammentato. La Conferenza - come mi ha spiegato con dovizia di particolari Galdelli - fu preceduta da un questionario propedeutico, distribuito a 3.500 lavoratori delle aziende Merloni, fnalizzato a coprendere quali fossero gli orientamenti dei lavoratori rispetto alle scelte dell'azienda e alla transizione che si stava consolidando. Si trattava di una consultazione inedita e dirompente, che fu gestita con accortezza politica se è vero che il Pci ebbe volontariamente indietro circa 1.300 questionari compilati. Ma la cosa più importante è che da quelle risposte emerse una rottura generazionale tra i vecchi metalmezzadri e i lavoratori più giovani, con quest'ultimi decisamente propensi a superare le forme e i precetti più marcatamente paternalistici della gestione aziendale. Di questa novità sociologica diedero conto giornali borghesi come il Corriere della Sera e quotidiani di ispirazione operaia come l'Unità, ma ad oggi non è stato possibile recuperare quelle pubblicazioni. L'elemento che più colpisce, a distanza di tre decenni, è sicuramente la capacità di un partito politico di ispirazione marxista di farsi interprete di una lettura approfondita e anticipatoria di certe trasformazioni economiche e sociali. Così come in parallelo spicca l'anomalia di una forza anticapitalista che sa farsi carico di una politica industriale interna al sistema liberale, che pone per tempo il problema delle alleanze e degli accordi strategici tra produttori, che annusa i rischi della "multinazionale tascabile" e le criticità di una competizione connessa a un settore già allora segnato da un eccesso di capacità produttiva rispetto alla domanda. Ma il vero paradosso è che in quella sede Vittorio Merloni - almeno da quel che si evince dall'articolo di resoconto di una giornalista dell'Unità - contrappose alla lettura sistemica del Pci l'autosufficienza della sua azienda anche se, a parere di Galdelli, fu pure grazie a quel confronto inedito e aspro che maturarono nuove relazioni industriali e una consapevolezza sempre più marcata di quel necessario salto dimensionale che spinse, giusto un anno più tardi, l'allora presidente di Confindustria ad acquisirire la Indesit, ovvero il principale competitor italiano della Ariston. In questo quadro furono molti anche i relatori che si focalizzarono sul rischio di un territorio assoggettato alla monocultura industriale e sugli elementi di inefficienza connessi a una gestione paternalistica e individualizzata dei rapporti di lavoro. Questo è, in sintesi, il contesto da considerare e valorizzare nella lettura dei testi di seguito riportati, senza dimenticare, appunto, che già trenta anni fa c'era chi provava a confrontarsi con l'azienda e coi problemi del settore senza subire l'iniziativa della controparte e senza attenderne le mosse. Una lezione che, purtroppo, il sindacato dei giorni nostri sembra aver completamente rimosso dal suo orizzonte ideale e negoziale. Buona lettura.
IL PROGRESSO N° 8 APRILE 1984
IL DOCUMENTO POLITICO DEL PCI
Nei giorni 27 e 28 aprile a Fabriano, la Direzione Nazionale del Pci, il Comitato Regionale delle Marche e la federazione comunista di Ancona indicono una conferenza per discutere del ruolo del gruppo industriale Ariston nel cosidetteo settore degli elettrodomestici bianchi. Dopo la pubblicazione del documento sulla situazione finanziaria del gruppo Ariston, con questa nota si vogliono esporre parte delle valutazioni e delle proposte del Pci. (...) In Europa per produrre 35 milioni di pezzi operano circa 400 imprese; in Italia 5/6 imprese coprono una quota altissima delle produzioni. Una ipotesi di razionalizzazione del sistema delle imprese di elettrodomestici non sollecita integrazioni societarie ma piuttosto consiglia lo stringersi di accordi per produrre in comune componenti e per rafforzare la capacità di commercializzazione del Made in Italy. Tali accordi sono necessari e vanno promossi. Fondamentale è anche un intervento del Governo che indirizzi e favorisca la ristrutturazione e la riconversione del settore. Non chiediamo un "piano del settore", pensiamo piuttosto a un intervento organico per fattori, per imprese, per linee di prodotto che assecondi l'adeguamento della nostra struttura industriale ai mutamenti sopravvenuti nella qualità e quantità della domanda italiana ed europea. La proposta che noi avanziamo può essere così articolata:
investire il parlamento o una delle sue commissioni affinchè svolga un'analisi dello stato del settore per offrire al Governo un indirizzo per la ristrutturazione e la riconversione
costituire presso il Ministero dell'Industria un Comitato tecnico composto da esperti che elabori un programma di intervento senza mettere in discussione l'autonomia e la responsablità delle imprese
destinare per la ristrutturazione del settore un finanziamento ad hoc
(...) Con l'ausilio del Comitato tecnico si possono ottenere economie di scala per lo sfruttamento comune dei risultati della ricerca e per costituire uno specifico e originale "sistema italiano" di imprese. (...) Non ci si può difendere con politiche protezionistiche, la giusta strada è quella degli accordi tra imprese di uno stesso paese che dovono puntare a costituirsi come sistema. I sistemi di impresa nazionali europei debbono a loro volta stringere accordi. In sostanza non ci si può chiudere dentro alla propria azienda e non ci si può chiudere dentro al proprio paese. (...) A nostro avviso conviene:
realizzare il risanamento finanziario delle imprese. Infatti l'alto costo del credito e l'alto livello di investimenti che richiedono l'innovazione e la ricerca hanno già creato difficoltà (...). Contemporaneamente occorre comparare l'entità dei margini operativi con le necessità di investimento per ricostruire sufficienti possibilità di autofinanziamento (...)
gli investimenti devono in prevalenza essere destinati alla ricerca applicata e all'innovazione perchè solo così si può mantenere inalterato il ruolo che la nostra struttura industriale esercita a livello mondiale (...)
agevolare l'innovazione delle linee di prodotto e il completamento della gamma. Non compete a un partito politico indicare i modi per assicurare tale positiva evoluzione ma non si possono certo salvaguardare le possibilità del settore mantenendo la gamma e la qualità dei prodotti attuali (...)
sostenere con opportune agevolazioni accordi tra imprese per la produzione in comune della componentistica(...)
Opporsi alla ristrutturazione è sterile e pericoloso; bisognerà piegarla agli interessi dei lavoratori e del sistema produttivo, Derivano da ciò, a nostro parere, alcune conseguenze:
se si manifesterà un eccesso di occupazione sarà giusto rifiutare un linea di puri licenziamenti. Una gestione accorta del regime dell'orario di lavoro può consentire di affrontare in modo concreto questo problema
la riqualificazione delle professionalità dei lavoratori non può essere lasciata all'arbitrio dell'impresa (...)
l'innovazione delle tecnologie di processo muterà l'organizzazione del lavoro e il ruolo del sindacato
IL GRUPPO ARISTON
(...)
il dato maggiormente apprezzabile è il mantenimento della dimensione
europea dell'impresa. (...) Tuttavia prevale ancor oggi la convinzione
che l'Ariston possa fare da sola. Noi dubitiamo della bontà di tale
orientamento(...). Ciò non consentirebbe ad Ariston di partecipare in
modo attivo alla riconversione del settore apportandovi il suo
patrimonio di esperienze e la complessità dei suoi problemi (...)
la gamma
dei prodotti che Ariston offre sui mercati appare apprezzabile per
qualità e ampiezza. Il successo di mercato conseguito con la lavatrice
Margherita, quelli ottenuti con alcuni prodotti della linea cottura
sembrano confermare la nostra osservazione (...) ma a noi non risulta
che sulla gamma attuale Ariston abbia impostato un programma di ricerca
che garantisca la possibilità di affermarsi anche in futuro nel mercato
italiano ed europeo
Preoccupante
ci sembra l'assenza o l'annulamento di alcune iniziative che sembrano
invece in grado di aprire il mercato e di superare l'attuale stasi (...)
Certo, oggi si sentono le conseguenze della crisi che ha colpito
l'edilizia abitativa, però vigorosa è la spinta che vuole superare tale
crisi anche ripensando al modo di costruire le abitazioni (...)
Inoltre i
prodotti che l'Ariston è in grado di offrire sono giudicati buoni ma
tradizionali. Non ci si è posti il problema di avere prodotti per il
prossimo futuro (...)
IL PROGRESSO N° 9 MAGGIO 1984
di Gabriella Mecucci
Eravamo i primi in Europa ma ora stiamo per diventare terra di conquista. I frigoriferi, e lavatrici e gli elettrodomestici in genere continuano a far guadagnare all'azienda Italia 2.500 miliardi di lire all'anno ( tanto è l'attivo della nostra bilancia commerciale nel 1983), ma i più famosi e potenti gruppi industriali del settore da qualche anno continuano a perdere. Cosa sta succedendo? Dove è la malattia e quale può essere la cura? Il settore è ormai maturo e va abbandonato ad altri, oppure questo patrimonio deve essere rilanciato? Il Pci ha messo al centro del suo convegno sul futuro degli elettrodomestici questi interrogativi.. Una riflessione aperta, non condotta in solitudine nel chiuso delle proprie stanze alla quale hanno partecipato altri soggetti. Tanto è vero che è intervenuto anche Vittorio Merloni. Il Presidente uscente della Confindustria ha preso al parola al convegno dei comunisti, qui a Fabriano, per dire la sua sui problemi del settore e in particolare su quelli dell'Ariston. Il convegno non poteva non guardare con particolare attenzione al caso Zanussi e al rischio di svendita del secondo gruppo italiano. Un esempio, un segnale di fatti che potrebbero ripetersi: gli americani e i giapponesi sono alle porte e se la politica di internazionalizzazione non viene condotta dall'Italia partendo dalla sua posizione di forza, allora si può finire per diventare una colonia, lasciando ad altri il ruolo di maggior produttore europeo di elettrodomestici. E' proprio questo il senso della prima relazione, quella del compagno Isaia Gasparotto (allora deputato del Pci nda) che ha accusato il Governo italiano di totale inerzia verso un settore dove pure deteniamo tanti primati.. Ritorna, come esemplare, la vicenda Zanussi. Il gruppo ha raggiunto un indebitamento di 1.000 miliardi di lire su un fattorato di 1.800 miliardi; eppure, spiega Gasparotto, dal punto di vista industriale e produttivo è sano: nel 1983 ha mantenuto una quota altissima del mercato europeo, pari al 15%, ed ha aumentato le sue vendite in Italia. Stesso discorso vale per l'Ariston, ricorda subito dopo Manghetti (allora responsabile del Pci per i problemi del credito nda), dove i debiti sono arrivati a 300 miliardi di lire e l'occupazione - aggiunge Galdelli, un tecnico degli stabiimenti di Merloni - è calata di 700 unità.. Perchè sui due gruppi, come su altri, sono piovuti così pesanti problemi finanziari? Gasparotto risponde così: "E' questo un settore dove per restare competitivi è stato indispensabile fare notevolissimi investimenti, resi assai costisi, qui in Italia, dal costo del denaro. Gianfranco Borghini, nelle conclusioni, parla della necessità di grandi innovazioni di processo e di prodotto e di risamento finanziario delle aziende: " I gruppi più importanti del settore sono sottocapitalizzati e non riescono a far fronte da soli agli enormi problemi che si pongono". Il Pci denuncia l'assenza di una linea governativa in un settore che, pur essendo maturo, ha tutti i margini per essere modernizzato. E passiamo al capitolo internazionalizzazioni. Borghini dice subito che il Pci non è contrario a questa scelta. Resta da vedere coem questa operazione viene condotta, altrimenti anzichè alle integrazioni sovranazionali si arriva alle svendite. Gasparotto aveva proposto, prima di tutto, una collaborazione fra i gruppi italiani e poi un'apertura a possibili joint venture europee. Vittorio Merloni ha una sua terapia. La prima cura è macroeconomica: ridurre l'inflazione, il costo del lavoro e quello del denaro. Subito dopo - continua - si potranno curare i mali azienda per azienda. Quanto all'Ariston ce la farà da sè ad uscire dalla crisi, tanto è vero che dopo il passivo del 1983 nei primi mesi del 1984 i bilanci non sono più in rosso. Ciò non toglie che il governo debba avere una sua linea per sviluppare un settore che ha tirato e che costituisce un cardine del made in Italy (...) Il Presidente della Confindustria su una cosa si dichiara d'accordo col Pci: il settore degli elettrodomestici ha un futuro avanti a sè, anche se sta attraversano un momento difficile. Occorre però - questo il senso dell'intero convegno - non procedere in ordine sparso e non fare come il governo italiano che ha deciso di lavarsene le mani.
di Primo Galdelli
(...) La tenuta e il consolidamento delle quote italiane sui mercati sono in pericolo per una serie di motivazioni. Vi è stata una saturazione della domanda a partire dal 1973, mentre sono entranti o tentano di entrare nuovi e agguerriti produttori sui mercati. Questo, insieme alla crisi generale che ha mutato nella famiglia la qualità dei consumi portando molto spesso a rinviare l'acquisto di beni durevoli, posticipando così la sostituzione di elettrodomestici, ha determinato una condizione di sovrapproduzione valutabile intorno al 15%. Questa situazione ha determinato lo scatenarsi di una lotta per la divisione del mercato e ciò ha impresso una forte spinta a processi di fusione e concentrazione di marchi, che hanno ridotto di molto il numero delle imprese di elettrodomestici. In Italia le due grandi imprese Zanussi e IRE-Philips congiuntamente alle 5 o 6 di media grandezza, con in prima fila l'Ariston, coprono il 90% della produzione nazionale. mentre si calcola che il 41% di frigoriferi, il 42% di congelatori, il 43% di lavabiancheria e il 22% di lavastoviglie europee vengano prodotti nel nostro Paese. (...) Anche l'Ariston si trova quindi a dover affrontare questi problemi e noi abbiamo espresso le nostre preoccupazioni sia per la situazione finanziaria sia per il fatto che i progetti di ricerca sono stati sospesi. L'Ariston ha ora una buona gamma di prodotti ma rischia di trovarsi spiazzata nel prossimo futuro. Queste e altre considerazioni ci hanno portato alla convinzione che necessiti subito una politica del governo per il settore, che occorra un provvedimento snello a sostegno delle imprese italiane soprattutto per quanto riguarda gli investimenti in ricerca applicata e per il rinnovamento dei prodotti. (...) Non siamo contro l'internazionalizzazione dell'industria italiana ma crediamo che nel settore del bianco spetti a noi il compito di essere determinanti nelle scelte di integrazione e cooperazione. (...) Il costo del lavoro in Italia è il più alto d'Europa mentre i salari sono i più bassi: in questa contraddizione risiedono gran parte delle striture del nostro sistema economico nazionale. (...) Si è parlato e in maniera molto approfondita, dei rapporti industriali all'Ariston. La comunicazione della Ires Cgil di Rolando Burattini ha messo in evidenza la particolarità di questo rapporto e come esso stia mutando, in questo ultimo periodo, anche in conseguenza della crisi e delle scelte aziendali e come questo determini nuovi problemi di consenso sia alla direzione dell'Ariston che al sindacato e come, altresì, per il sindacato si aprano spazi nuovi su un terreno di confronto e progettuale più avanzato (...)