29 settembre 2013

Quel lontano '84, col Pci e V.Merloni a parlare di lavatrici

Una scatola bianca a forma di cubo, infilzata da due serpentine stilizzate. Fu questo il logo, graficamente scarno e primitivo, utilizzato dal Partito Comunista Italiano per pubblicizzare e promuovere la Conferenza Nazionale sugli Elettrodomestici che si tenne a Fabriano il 27 e il 28 aprile del 1984. Avevo promesso ai lettori che mi sarei occupato di quell'evento, così lontano nel tempo, non per semplice curiosità storica ma in quanto ricco di possibili attualizzazioni e di un approccio teso a dimostrare che Fabriano non fu soltanto luogo di pensiero tenue ma anche officina di senso critico, seppur minoritario. La conferenza Sugli Elettrodomestici fu sicuramente un momento di confronto alto, che non a caso fece registrare anche la sorprendente partecipazione di Vittorio Merloni e si concluse con l'intervento di Gianfranco Borghini, allora responsabile nazionale del PCI per l'industria e uomo di punta della corrente amendoliana del partito guidata da Giorgio Napolitano. Per ricostruire, a grandi linee, i contenuti della Conferenza è stato necessario ricorrere alle raccolte del Progresso, perchè il quindicinale comunista fabrianese è, di fatto, l'unica fonte a cui è possibile accedere per affinare la conoscenza di quel passaggio, per certi versi profetico, della storia economica fabrianese. I materiali reperiti sono oggettivamente poveri e scarni ma comunque significativi: due articoli di commento e un documento di indirizzo settoriale. La raccolta completa delle relazioni e delle comunicazioni trovò forma editoriale in un libretto edito dal Pci regionale a cui, allo stato attuale, non pare possibile risalire e che forse giace dimenticato in qualche archivio del movimento operaio marchigiano. Per compensare questo limite informativo mi sono messo in contatto con Primo Galdelli, ex deputato e senatore comunista, che fu il principale animatore di quella emblematica iniziativa. La decisione di organizzare una conferenza nazionale nacque come risposta politica a una precisa fase evolutiva del mercato degli elettrodomestici bianchi, ossia in concomitanza con l'acquisizione della Zanussi da parte della svedese Electrolux, che inaugurò un processo di concentrazione dei produttori di bianco destinato a cambiare radicalmente il profilo di un settore a quel tempo ancora assai frammentato. La Conferenza - come mi ha spiegato con dovizia di particolari Galdelli - fu preceduta da un questionario propedeutico, distribuito a 3.500 lavoratori delle aziende Merloni, fnalizzato a coprendere quali fossero gli orientamenti dei lavoratori rispetto alle scelte dell'azienda e alla transizione che si stava consolidando. Si trattava di una consultazione inedita e dirompente, che fu gestita con accortezza politica se è vero che il Pci ebbe volontariamente indietro circa 1.300 questionari compilati. Ma la cosa più importante è che da quelle risposte emerse una rottura generazionale tra i vecchi metalmezzadri e i lavoratori più giovani, con quest'ultimi decisamente propensi a superare le forme e i precetti più marcatamente paternalistici della gestione aziendale. Di questa novità sociologica diedero conto giornali borghesi come il Corriere della Sera e quotidiani di ispirazione operaia come l'Unità, ma ad oggi non è stato possibile recuperare quelle pubblicazioni. L'elemento che più colpisce, a distanza di tre decenni, è sicuramente la capacità di un partito politico di ispirazione marxista di farsi interprete di una lettura approfondita e anticipatoria di certe trasformazioni economiche e sociali. Così come in parallelo spicca l'anomalia di una forza anticapitalista che sa farsi carico di una politica industriale interna al sistema liberale, che pone per tempo il problema delle alleanze e degli accordi strategici tra produttori, che annusa i rischi della "multinazionale tascabile" e le criticità di una competizione connessa a un settore già allora segnato da un eccesso di capacità produttiva rispetto alla domanda. Ma il vero paradosso è che in quella sede Vittorio Merloni - almeno da quel che si evince dall'articolo di resoconto di una giornalista dell'Unità - contrappose alla lettura sistemica del Pci l'autosufficienza della sua azienda anche se, a parere di Galdelli, fu pure grazie a quel confronto inedito e aspro che maturarono nuove relazioni industriali e una consapevolezza sempre più marcata di quel necessario salto dimensionale che spinse, giusto un anno più tardi, l'allora presidente di Confindustria ad acquisirire la Indesit, ovvero il principale competitor italiano della Ariston. In questo quadro furono molti anche i relatori che si focalizzarono sul rischio di un territorio assoggettato alla monocultura industriale e sugli elementi di inefficienza connessi a una gestione paternalistica e individualizzata dei rapporti di lavoro. Questo è, in sintesi, il contesto da considerare e valorizzare nella lettura dei testi di seguito riportati, senza dimenticare, appunto, che già trenta anni fa c'era chi provava a confrontarsi con l'azienda e coi problemi del settore senza subire l'iniziativa della controparte e senza attenderne le mosse. Una lezione che, purtroppo, il sindacato dei giorni nostri sembra aver completamente rimosso dal suo orizzonte ideale e negoziale. Buona lettura.

IL PROGRESSO N° 8 APRILE 1984

IL DOCUMENTO POLITICO DEL PCI
Nei giorni 27 e 28 aprile a Fabriano, la Direzione Nazionale del Pci, il Comitato Regionale delle Marche e la federazione comunista di Ancona indicono una conferenza per discutere del ruolo del gruppo industriale Ariston nel cosidetteo settore degli elettrodomestici bianchi. Dopo la pubblicazione del documento sulla situazione finanziaria del gruppo Ariston, con questa nota si vogliono esporre parte delle valutazioni e delle proposte del Pci. (...) In Europa per produrre 35 milioni di pezzi operano circa 400 imprese; in Italia 5/6 imprese coprono una quota altissima delle produzioni. Una ipotesi di razionalizzazione del sistema delle imprese di elettrodomestici non sollecita integrazioni societarie ma piuttosto consiglia lo stringersi di accordi per produrre in comune componenti e per rafforzare la capacità di commercializzazione del Made in Italy. Tali accordi sono necessari e vanno promossi. Fondamentale è anche un intervento del Governo che indirizzi e favorisca la ristrutturazione e la riconversione del settore. Non chiediamo un "piano del settore", pensiamo piuttosto a un intervento organico per fattori, per imprese, per linee di prodotto che assecondi l'adeguamento della nostra struttura industriale ai mutamenti sopravvenuti nella qualità e quantità della domanda italiana ed europea. La proposta che noi avanziamo può essere così articolata:
  • investire il parlamento o una delle sue commissioni affinchè svolga un'analisi dello stato del settore per offrire al Governo un indirizzo per la ristrutturazione e la riconversione
  • costituire presso il Ministero dell'Industria un Comitato tecnico composto da esperti che elabori un programma di intervento senza mettere in discussione l'autonomia e la responsablità delle imprese
  • destinare per la ristrutturazione del settore un finanziamento ad hoc
(...) Con l'ausilio del Comitato tecnico si possono ottenere economie di scala per lo sfruttamento comune dei risultati della ricerca e per costituire uno specifico e originale "sistema italiano" di imprese. (...) Non ci si può difendere con politiche protezionistiche, la giusta strada è quella degli accordi tra imprese di uno stesso paese che dovono puntare a costituirsi come sistema. I sistemi di impresa nazionali europei debbono a loro volta stringere accordi. In sostanza non ci si può chiudere dentro alla propria azienda e non ci si può chiudere dentro al proprio paese. (...) A nostro avviso conviene:

  • realizzare il risanamento finanziario delle imprese. Infatti l'alto costo del credito e l'alto livello di investimenti che richiedono l'innovazione e la ricerca hanno già creato difficoltà (...). Contemporaneamente occorre comparare l'entità dei margini operativi con le necessità di investimento per ricostruire sufficienti possibilità di autofinanziamento (...)
  • gli investimenti devono in prevalenza essere destinati alla ricerca applicata e all'innovazione perchè solo così si può mantenere inalterato il ruolo che la nostra struttura industriale esercita a livello mondiale (...)
  • agevolare l'innovazione delle linee di prodotto e il completamento della gamma. Non compete a un partito politico indicare i modi per assicurare tale positiva evoluzione ma non si possono certo salvaguardare le possibilità del settore mantenendo la gamma e la qualità dei prodotti attuali (...)
  • sostenere con opportune agevolazioni accordi tra imprese per la produzione in comune della componentistica(...)
Opporsi alla ristrutturazione è sterile e pericoloso; bisognerà piegarla agli interessi dei lavoratori e del sistema produttivo, Derivano da ciò, a nostro parere, alcune conseguenze:

  • se si manifesterà un eccesso di occupazione sarà giusto rifiutare un linea di puri licenziamenti. Una gestione accorta del regime dell'orario di lavoro può consentire di affrontare in modo concreto questo problema
  • la riqualificazione delle professionalità dei lavoratori non può essere lasciata all'arbitrio dell'impresa (...)
  • l'innovazione delle tecnologie di processo muterà l'organizzazione del lavoro e il ruolo del sindacato

IL GRUPPO ARISTON
(...) il dato maggiormente apprezzabile è il mantenimento della dimensione europea dell'impresa. (...) Tuttavia prevale ancor oggi la convinzione che l'Ariston possa fare da sola. Noi dubitiamo della bontà di tale orientamento(...). Ciò non consentirebbe ad Ariston di partecipare in modo attivo alla riconversione del settore apportandovi il suo patrimonio di esperienze e la complessità dei suoi problemi (...)
  • la gamma dei prodotti che Ariston offre sui mercati appare apprezzabile per qualità e ampiezza. Il successo di mercato conseguito con la lavatrice Margherita, quelli ottenuti con alcuni prodotti della linea cottura sembrano confermare la nostra osservazione (...) ma a noi non risulta che sulla gamma attuale Ariston abbia impostato un programma di ricerca che garantisca la possibilità di affermarsi anche in futuro nel mercato italiano ed europeo
  • Preoccupante ci sembra l'assenza o l'annulamento di alcune iniziative che sembrano invece in grado di aprire il mercato e di superare l'attuale stasi (...) Certo, oggi si sentono le conseguenze della crisi che ha colpito l'edilizia abitativa, però vigorosa è la spinta che vuole superare tale crisi anche ripensando al modo di costruire le abitazioni (...)
  • Inoltre i prodotti che l'Ariston è in grado di offrire sono giudicati buoni ma tradizionali. Non ci si è posti il problema di avere prodotti per il prossimo futuro (...)

IL PROGRESSO N° 9 MAGGIO 1984

di Gabriella Mecucci

Eravamo i primi in Europa ma ora stiamo per diventare terra di conquista. I frigoriferi, e lavatrici e gli elettrodomestici in genere continuano a far guadagnare all'azienda Italia 2.500 miliardi di lire all'anno ( tanto è l'attivo della nostra bilancia commerciale nel 1983), ma i più famosi e potenti gruppi industriali del settore da qualche anno continuano a perdere. Cosa sta succedendo? Dove è la malattia e quale può essere la cura? Il settore è ormai maturo e va abbandonato ad altri, oppure questo patrimonio deve essere rilanciato? Il Pci ha messo al centro del suo convegno sul futuro degli elettrodomestici questi interrogativi.. Una riflessione aperta, non condotta in solitudine nel chiuso delle proprie stanze alla quale hanno partecipato altri soggetti. Tanto è vero che è intervenuto anche Vittorio Merloni. Il Presidente uscente della Confindustria ha preso al parola al convegno dei comunisti, qui a Fabriano, per dire la sua sui problemi del settore e in particolare su quelli dell'Ariston. Il convegno non poteva non guardare con particolare attenzione al caso Zanussi e al rischio di svendita del secondo gruppo italiano. Un esempio, un segnale di fatti che potrebbero ripetersi: gli americani e i giapponesi sono alle porte e se la politica di internazionalizzazione non viene condotta dall'Italia partendo dalla sua posizione di forza, allora si può finire per diventare una colonia, lasciando ad altri il ruolo di maggior produttore europeo di elettrodomestici. E' proprio questo il senso della prima relazione, quella del compagno Isaia Gasparotto (allora deputato del Pci nda) che ha accusato il Governo italiano di totale inerzia verso un settore dove pure deteniamo tanti primati.. Ritorna, come esemplare, la vicenda Zanussi. Il gruppo ha raggiunto un indebitamento di 1.000 miliardi di lire su un fattorato di 1.800 miliardi; eppure, spiega Gasparotto, dal punto di vista industriale e produttivo è sano: nel 1983 ha mantenuto una quota altissima del mercato europeo, pari al 15%, ed ha aumentato le sue vendite in Italia. Stesso discorso vale per l'Ariston, ricorda subito dopo Manghetti (allora responsabile del Pci per i problemi del credito nda), dove i debiti sono arrivati a 300 miliardi di lire e l'occupazione  - aggiunge Galdelli, un tecnico degli stabiimenti di Merloni - è calata di 700 unità.. Perchè sui due gruppi, come su altri, sono piovuti così pesanti problemi finanziari? Gasparotto risponde così: "E' questo un settore dove per restare competitivi è stato indispensabile fare notevolissimi investimenti, resi assai costisi, qui in Italia, dal costo del denaro. Gianfranco Borghini, nelle conclusioni, parla della necessità di grandi innovazioni di processo e di prodotto e di risamento finanziario delle aziende: " I gruppi più importanti del settore sono sottocapitalizzati e non riescono a far fronte da soli agli enormi problemi che si pongono". Il Pci denuncia l'assenza di una linea governativa in un settore che, pur essendo maturo, ha tutti i margini per essere modernizzato. E passiamo al capitolo internazionalizzazioni. Borghini dice subito che il Pci non è contrario a questa scelta. Resta da vedere coem questa operazione viene condotta, altrimenti anzichè alle integrazioni sovranazionali si arriva alle svendite. Gasparotto aveva proposto, prima di tutto, una collaborazione fra i gruppi italiani e poi un'apertura a possibili joint venture europee. Vittorio Merloni ha una sua terapia. La prima cura è macroeconomica: ridurre l'inflazione, il costo del lavoro e quello del denaro. Subito dopo - continua - si potranno curare i mali azienda per azienda. Quanto all'Ariston ce la farà da sè ad uscire dalla crisi, tanto è vero che dopo il passivo del 1983 nei primi mesi del 1984 i bilanci non sono più in rosso. Ciò non toglie che il governo debba avere una sua linea per sviluppare un settore che ha tirato e che costituisce un cardine del made in Italy (...) Il Presidente della Confindustria su una cosa si dichiara d'accordo col Pci: il settore degli elettrodomestici ha un futuro avanti a sè, anche se sta attraversano un momento difficile. Occorre però - questo il senso dell'intero convegno - non procedere in ordine sparso e non fare come il governo italiano che ha deciso di lavarsene le mani.


di Primo Galdelli

(...) La tenuta e il consolidamento delle quote italiane sui mercati sono in pericolo per una serie di motivazioni. Vi è stata una saturazione della domanda a partire dal 1973, mentre sono entranti o tentano di entrare nuovi e agguerriti produttori sui mercati. Questo, insieme alla crisi generale che ha mutato nella famiglia la qualità dei consumi portando molto spesso a rinviare l'acquisto di beni durevoli, posticipando così la sostituzione di elettrodomestici, ha determinato una condizione di sovrapproduzione valutabile intorno al 15%. Questa situazione ha determinato lo scatenarsi di una lotta per la divisione del mercato e ciò ha impresso una forte spinta a processi di fusione e concentrazione di marchi, che hanno ridotto di molto il numero delle imprese di elettrodomestici. In Italia le due grandi imprese Zanussi e IRE-Philips congiuntamente alle 5 o 6 di media grandezza, con in prima fila l'Ariston, coprono il 90% della produzione nazionale. mentre si calcola che il 41% di frigoriferi, il 42% di congelatori, il 43% di lavabiancheria e il 22% di lavastoviglie europee vengano prodotti nel nostro Paese. (...) Anche l'Ariston si trova quindi a dover affrontare questi problemi e noi abbiamo espresso le nostre preoccupazioni sia per la situazione finanziaria sia per il fatto che i progetti di ricerca sono stati sospesi. L'Ariston ha ora una buona gamma di prodotti ma rischia di trovarsi spiazzata nel prossimo futuro. Queste e altre considerazioni ci hanno portato alla convinzione che necessiti subito una politica del governo per il settore, che occorra un provvedimento snello a sostegno delle imprese italiane soprattutto per quanto riguarda gli investimenti in ricerca applicata e per il rinnovamento dei prodotti. (...) Non siamo contro l'internazionalizzazione dell'industria italiana ma crediamo che nel settore del bianco spetti a noi il compito di essere determinanti nelle scelte di integrazione e cooperazione. (...) Il costo del lavoro in Italia è il più alto d'Europa mentre i salari sono i più bassi: in questa contraddizione risiedono gran parte delle striture del nostro sistema economico nazionale. (...) Si è parlato e in maniera molto approfondita, dei rapporti industriali all'Ariston. La comunicazione della Ires Cgil di Rolando Burattini ha messo in evidenza la particolarità di questo rapporto e come esso stia mutando, in questo ultimo periodo, anche in conseguenza della crisi e delle scelte aziendali e come questo determini nuovi problemi di consenso sia alla direzione dell'Ariston che al sindacato e come, altresì, per il sindacato si aprano spazi nuovi su un terreno di confronto e progettuale più avanzato (...)
    

27 commenti:

  1. Massimo Frascarello29 settembre, 2013

    Sono contento che tu abbia riproposto questa memoria. La riflessione critica rispetto il modello di sviluppo del nostro territorio partiva da quel periodo fino ad arrivare, in maniera minoritaria, sino agli ultimi direttivi DS. Le convenienze personali, anche in quella nostra storia politica, hanno messo a disposizione il controllo delle tessere alle praterie aperte dai pretoriani aziendalisti in servizio permanente effettivo. Se ci spostiamo anche solo un pò di lato rispetto l'argomento da te posto, troverai certamente anche memoria di argomentazioni intorno a quella che ora viene declinata come green economy e tutela del territorio. Al netto delle delle derive perniciose, PCI, PSI e Partito Radicale in tema di diritti civili, sono stati gli ultimi partiti moderni, in Italia. Rappresentativi di una vera sinistra laica e riformista.

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  2. Sono passati trenta anni e se non ci fossimo ancora accorti, sono cambiate diverse cose, cambiamenti economici, sociali che non possono certo utilizzare vecchie formule politiche. Sicuramente la storia insegna, ma non bisogna scordare che le proiezioni vanno sviluppate verso il futuro e non ancorate al passato. Saranno le nuove idee le risorse per un nuovo sviluppo economico perche' i giochi politici ormai fanno anch'essi parte del vecchio regime. La gente e' satura di retorica e vuole solo fatti concreti. Continuiamo con ottimismo e non lasciamoci soffocare da vecchi pregiudizi politici.

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  3. Il metodo non invecchia....oggi si affrontano i problemi industriali pensando che la soluzione spetti sempre ad altri. Quel convegno era l'espressione di una politica anche locale che cercava di rispondere in grande ai cambiamenti. oggi di fronte ai cambiamenti epocali si tace perchè c'è da scegliere il materiale con cui fare le rotatorie. nessuna nostalgia del passato ma un grande rammarico per lo smarrimento di ogni dignità intellettuale

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  4. le novità hanno travolto anche il metodo, il mondo è cambiato, i protagonisti pure...i passi indietro dei Merloni lasciano il deserto, solo gente che si accapiglia per le cig e simili

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    1. Dopo 7++ anni di cassa integrazione, mi chiedo, quanti si sono riqualificati e presi una laurea, con tutto il tempo a disposizione che hanno avuto???
      Si parla sempre male delle ditte che esportano la produzione all'estero, ma mai degl'Italiani che comprano prodotti non Made in Italy... ( almeno quando ci sono pochi euro di differenza!)
      come mai?? Non è anche questo parte del problema??

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    2. E non basta perché c'è chi non apprezza anche quelli che ancora producono tutto a Fabriano e non hanno mai pensato di "internazionalizzare" parola tanto cara a qualche politico regionale per nascondere la vera realtà .

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    3. Molti non hanno un diploma e credo sia un pò eccessivo criminalizzare chi aveva scelto di lavorare onestamente e faticosamente senza puntare minimamente il focus sui responsabili di questa sciagura.

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    4. La guerra tra poveri è più facile,

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  5. dopo 30 anni, il focus di quell'analisi (riduzione del costo del lavoro ed aumento della retribuzione), è rimasto lettera morta; però, ancora ci si riempe la bocca di concetti lapalissiani, a cui non si da, politicamente e concretamente, seguito!
    Conosciamo il male e sappiamo da dove bisogna incominciare la medicazione, eppure continuiamo a prendere l'aspirina invece dell'antibiotico.
    Potevamo vincere la guerra???
    _______________________
    G.R.

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    1. Io invece credo che le persone che "non hanno un diploma e credo sia un pò eccessivo criminalizzare chi aveva scelto di lavorare onestamente e faticosamente", molto spesso portano consapevolmente avanti delle sanguisughe affinche anche loro abbiano sangue di cui vivere....

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    2. Le sanguisughe vedono prosciugarsi progressivamente il serbatoio da dove attingere ma come al solito una "porcellum"(MPM) o una mano dall'alto(Viventi) provvederà a tenerli ancora in gioco.

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    3. Sanguisughe non sono soltanto i cassaintegrati che hanno lavorato una vita ma sono anche quella nutrita catogoria di extracomunitari che conoscono mille diritti e ignorano ogni dovere.Il ministro per l'integrazione dovrebbe lavorare per una vera integrazione come il governo dovrebbe ridurre al minimo l'assistenzialismo abbassando la pressione fiscale e favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro che ridarebbero dignità e rispetto ai tanti ancora attaccati alla mammella statale.Invece continuano ad agevolare ed elargire fondi a chi delocalizza mantenendo chi il lavoro lo ha perso e chi non ha nessuna intenzione di trovarlo.

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  6. comprare italiano non credo che cambi molto le cose, i mercati si sono allargati globalmente e le aziende devono fare i conti con questa "nuova" situazione...inoltre in italia i consumi stanno calando vertiginosamente quindi non credo che un'autarchia dei consumi possa aiutare più di tanto l'industria italiana.
    alla luce di questo penso che i contenuti del convegno siano per certi versi ancora molto attuali, a giudicare da alcuni commenti che appunto evocano rimedi che già nell'84 qualcuno riteneva superati (e a distanza di 30 anni i fatti sembrano dare ragione a queste valutazioni).
    "eravamo primi in europa, ora stiamo per diventare terra di conquista", "studi di settore per la ristrutturazione e la riconversione", "ricerca applicata e innovazione", "accordi (anche internazionali) tra le aziende" etc...altro che passato, questi stavano avanti!
    a me non sorprende che ricette così innovative provenissero dall'area marxista, d'altronde se tralasciamo le degenerazioni ideologiche e le applicazioni del comunismo reale e consideriamo marx nei suoi aspetti più teorici va riconosciuto che il buon carletto era un analista socio-economico davvero innovativo! e infatti se contestualizziamo la sua visione del capitalismo all'interno del materialismo storico dobbiamo riconoscergli che non lo considerava tanto come un modo di produzione semplicemente "da abbattere", ma come uno step NECESSARIO semmai "da superare" (e quindi l'innovazione per lui era imprescindibile!).
    se poi superiamo marx e arriviamo a lenin, quest'ultimo addirittura predisse i futuri sviluppi del capitalismo, con la sua evoluzione nell'imperialismo e le concentrazioni di capitali che puntualmente si sono verificate!
    il problema del marxismo è stato nella sua ideologizzazione (sia ad opera dei sostenitori che dei detrattori)...lo stesso marx nei suoi scritti giovanili già criticava il concetto di ideologia, lasciando intravedere quello che successivamente avrebbe elaborato come il concetto di struttura e sovrastruttura...ma quando i sovietici iniziarono a parlare di "ideologia marxista" lui non c'era più e i suoi scritti giovanili sarebbero stati pubblicati solo successivamente, a frittata ideologica fatta!
    io credo che il convegno dell'84 sia stato un punto molto alto per la storia di fabriano, non tanto per quello che è successo nei successivi 30 anni, ma perché ancora oggi, naturalmente contestualizzandolo e facendolo oggetto di una lettura critica, può fornire indicazioni per evitare che nel presente e nel futuro vengano ripetuti errori di sottovalutazione nei confronti di proposte alternative e innovative, anche se minoritarie!

    ps: per chi non lo conoscesse consiglio la lettura di "sull'utilità e il danno della storia per la vita", un saggio di nietzsche, semplice, breve, ma secondo me molto utile nel fornire indicazioni sul come valutare i fatti storici...

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    1. Vedi che se non ti distraggo su Skype e ti applichi poi si vede che hai studiato

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    2. be' cerco di fornire un contributo sulla base delle mie conoscenze/opinioni personali.
      il post fornisce spunti molto interessanti e vedere il conseguente dibattito ridursi alle solite diatribe tra sanguisughe vs raccomandati vs extracomunitari vs cassintegrati vs fancazzisti mi sembra alquanto sterile...
      però ti prego, continua a skyparmi, non vorrai mica lasciarmi solo a sragionare su ste cose...potrei rimanerci definitivamente sotto e parlare di belle fig...liuole torna sempre di grande aiuto:)

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    3. ma stiamo ancora a parlare di Marx? Le esperienze anticapitaliste hanno fallito la prova, il resto è fuffa. Il tema di oggi è come competere sul mercato globale, inutile giocare a fare gli storici della filosofia (senza averne le capacità...)

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    4. veramente il tema odierno (inteso come post odierno) riguarda il convegno organizzato 30 anni fa da un partito di ispirazione marxista che "sorprendentemente" si rivela ancora attuale nelle tematiche che affronta, per cui non credo di essere andato molto OT.
      nonostante questo faccio anche riferimento ai mercati globali e a ricette autarchiche sostenute da qualcuno che ancora non si è accorto che ormai i mercati sono, appunto, globali.
      tutto questo mi fa capire che il post e il mio commento non li hai letti in maniera troppo applicata...
      poi stai tranquillo, fare lo storico della filosofia non è mia ambizione, per cui credimi, la tua valutazione sul fatto che ne abbia le capacità o meno (questo si) è molto OT e molto ma molto relativo...

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    5. attualissime! con le teorie del "buon carletto" amico tuo infatti risolvi i problemi del fabrianese espulso dalla produzione, anche il convegno del 1984 ne riassume parecchi (di temi teorici, non di operai, purtroppo per noi)

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    6. C'è chi guarda al futuro e s'arrovella in cerca di una cura e chi con una consapevolezza tutta al passato del "c'è chi l'aveva detto"sta già effettuando l'autopsia.C'è chi cita Marx e chi parla di sanguisughe,resta il fatto che Marx appartiene al passato mentre le sanguisughe stanno caratterizzando questo periodo storico.Le belle figliuole invece non passano mai e vanno bene per tutte le stagioni.

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  7. scusa l'intromissione, ma cosa significa OT? comunque complimenti per averci ricordato Lenin che prevedeva l'avvento dell'imperialismo quale prodotto del capitalismo. Infatti il comunismo ha prodotto l'Urss che invece era pacifista. Torna al liceo, se ne hai mai frequentato uno

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    1. OT sta per "Off Topic"...ovvero "fuori tema"
      ____________
      G.R.

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    2. Perdona ma se scrivi solo OT potrebbe essere interpretato anche come On Topic cioè ...in tema

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    3. in tema dovrebbe esse "in topic"....dovrebbe...non ne sono certo; del resto, viene segnalato solo quando uno va fuori tema, non quando scrive qualcosa di inerente
      _________________
      G.R.

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  8. Scusate se mi intrometto ma mis embra opportuno spiegare il senso del mio post: che non era una beatificazione del passato ma soltanto un modo per dire che a Fabriano la questione elettrodomestici fu affrontato in modo serie e problematico da una politica che oggi non è più capace di farlo. E quel che colpisce è che a farlo fosse un partito marxista che invece di cavarsela sdottrinando o ricorrendo a slogan produceva riflessioni settoriali interessanti e prese sul serio da Vittorio Merloni che allora era anche Presidente di Confindustria. KIn queste settmane, invece, non c'è stata una sola forza politica o sindacale che abbia formulato una proposta a partire da una diagnosi reale dei problemi del settopre degli elettrodomestici. E se permettete questa constatazione non gicoa a favore del presente.

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    1. il "torna al liceo" non era ovviamente per te Gian Pietro, ma per il teorico delle 12:44. Che poi oggi la politica non sia in grado di replicare quelle riflessioni cui ti riferisci è un dato di fatto

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  9. boh io non intendevo beatificare il passato ne' santificare i regimi comunisti.
    mi riferivo al pensiero di due autori, non alle messe in pratica delle loro idee.
    non valuto capacità di nessuno ne' invito nessuno a tornare a scuola, magari però andate su wikipedia e andate su "il capitale" e vedrete che marx non ha detto solo peste e corna del capitalismo, ha cercato di comprenderlo e su qualcosa (non tutto chiaramente) ha detto cose interessanti, le ha scritte lui!
    poi andate su "imperialismo fase suprema del capitalismo" e vedrete che lenin l'avvento del capitalismo finanziario con gli accentramenti di capitali lo aveva quantomeno intuito, lo ha scritto lui!
    non intendo dare un giudizio politico (poi sul comunismo direi che un giudizio chiaro lo abbia già dato la storia), mi sembra solo che alcune loro intuizioni possano spiegare il perché nell'84 un partito che si ispirava a questi due autori avesse avanzato proposte sui rapporti aziende-mercati-lavoro che paiono piuttosto pertinenti ancora oggi. oggi che, appunto, la politica non mi sembra stia avendo una chiara comprensione dei vari problemi socio-economici.
    tornando a noi credo che fraintendere sia normale e sicuramente non mi sarò espresso in maniera chiara, tuttavia : OT off topic, fuori tema...provocare valutando le capacità degli altri o invitando a fare questo o quello ne sono alcuni esempi...

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  10. Oggi che il movimento comunista e' morto e sepolto credo si possa tornare a leggere Marx che fu un poderoso analista del capitalismo e un pessimo profeta del suo superamento.

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