2 ottobre 2013

Ancora nubi su Cotton Club

Il lavoro perduto, nel nostro territorio, si sta sempre più trasformando in un indicatore di progressivo malessere, in un fronte mobile e precario di cui quotidianamente aggiorniamo il computo dei morti, dei feriti e delle azioni di guerra e di guerriglia. Oggi apprendiamo dai giornali che si sta riaprendo, come una ferita sanguinante e curata male, il caso Cotton Club. Pare, infatti, che alcuni dipendenti in mobilità abbiano deciso di presentare istanza di fallimento nei confronti dell’azienda, per il mancato versamento della prima tranche dei crediti retributivi pendenti, la cui liquidazione aveva trovato legittimità e riconoscimento nell'accordo sottoscritto il 6 giugno 2013 presso gli uffici dell’assessorato al lavoro della Regione Marche. La mossa dei lavoratori ha messo in allarme i sindacati e le istituzioni che, invece di focalizzarsi con sano buonsenso preventivo sull’applicazione concreta dell’accordo, sembra si siano destati soltanto grazie ai rischi potenziali connessi all’extrema ratio dell’istanza di fallimento. Ma per meglio comprendere la situazione e lo stato dell’arte, è opportuno fare quel che normalmente si evita, ovvero ritornare ai contenuti dell’accordo, sottoscritto dal titolare della Cotton Club, da CGIL e Cisl, dal funzionario della Regione Marche Soverchia e dall’assessore alle attività produttive del Comune di Fabriano Giuseppe Galli. Un accordo formulato a seguito delle consultazioni e degli esami congiunti successivi alla richiesta di attivazione della procedura di mobilità per i 72 dipendenti, inoltrata dalla Cotton Club il 16 aprile 2013. L’accordo firmato in Regione non prevedeva soltanto l’individuazione del plafond massimo di esuberi (nel numero di cinquantadue), lo scaglionamento temporale della mobilità e la suddivisione in due contingenti dei lavoratori in uscita, ma anche il riconoscimento di un incentivo all’esodo e le modalità di liquidazione dei crediti retributivi dei lavoratori non coperti dal Fondo di Garanzia dell’INPS. Su questo ultimo versante il verbale di accordo era incentrato su uno spacchettamento del versamento, con la prima metà del credito retrbutivo non coperto da corrispondere in tre rate di uguale valore - luquidabili a 30, 90 e 120 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo – mentre per la parte restante si era optato per il suo collocamento nel quadro della fase di omologazione del concordato preventivo e vincolando, quindi, lo sblocco del pagamento residuo all’autorizzazione del Giudice. La situazione che si è venuta a creare pone almeno due tipi di problemi: da un lato essa costituisce una palese violazione del diritto creditorio esercitato dai dipendenti i quanto creditori privilegiati; dall'altro che questa violazione di un contenuto qualificante dell'accordo possa configurare anche una possibile causa di invalidamento della procedura di mobilità, perché con la sottoscrizione dell’accordo le parti riconoscevano l'esistenza delle condizioni necessarie affinchè fosse riconosciuta alla Cotton Club la facoltà di accedere ai benefici della riduzione degli oneri a carico delle imprese prevista dalla legge 223 del 1991. L’assessore Galli, dal canto suo, si è impegnato a chiarire e verificare la situazione e l'applicazione degli accordi. Si tratta di una mossa necessaria e propedeutica per garantire condizioni di operatività aziendale, di tutela dei lavoratori in quanto creditori e per evitare il rischio che qualsiasi accordo diventi, di fatto, un accordo di carta, ovvero privato di declinazione e di esigibilità e ricondotto a un formalismo di sicuro e calmierante impatto mediatico ma, a conti fatti, povero di sostanza e di benefiche ricadute.
    

11 commenti:

  1. dovemo penzà a quelli della JP, a quelli della Indesit, inzomma a quelli che cià il culo coperto dai sordi dello Stato.

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  2. Sembra che esistono solo loro a Favrià!

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  3. Che negli anni si sia costruita una società di figli e figliastri è un dato di fatto. Ma non perdiamo di vista che il dramma della perdita di lavoro è una realtà atroce. Mi sembra che stiamo vivendo una carneficina e non credo che dovremmo gioire per alcuni e inquietarci per altri. Resta il fatto che questa è una roulette russa oggi a me e domani a qualsiasi altro. Se rimaniamo singoli i nostri diritti mano a mano verranno sempre meno e non avremo nessuna arma per difenderci. Se invece si uniscono le forze quantomeno nell'indignazione della prevaricazione dei diritti forse qualche possibilità in più la si può avere. In caso contrario facciamo il gioco loro innescando una guerra tra poveri. Raccomandati o no sentirsi inutili e senza un ruolo sociale è doloroso per tutti.

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  4. Se non verranno messe regole nei sistemi produttivi ,sociali ,economici ,commerciali ,normativi e sul sistema di cambio tra euro e dollaro le nostre aziende piccole e locali faranno sempre più fatica ad essere competitive.Un lavoratore in Turchia Costa circa 4€ ora da noi 23€.

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    1. Vorrei aggiungere un esempio e cioè se una azienda concede 100€ di aumento ad un lavoratore per l,azienda il costo totale supera i 200€ ma il lavoratore ne percepisce circa 65/70

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    2. Sono d'accordo. Ma attenzione al fatto che non puoi creare impresa solo con l'occhio al costo del lavoro perchè è una battaglia persa in partenza. Oggi in Polonia, domani in Turchia poi ? Costruisci una fabbrica con le rotelle? Cinesi e Indiani crescono come funghi e non hanno tutti i nostri regolamenti in tema ambientale oltre al solito costo del lavoro e molto altro. Se cerchi di combattere solo sulle quantità e sul prezzo la vedo dura probabilmente un'altra possibilità altrettanto dura è cercare di essere innovativi. Fino a prova contraria gli Italiani in quanto a fantasia, gusto e capacità quando hanno voluto sono riusciti a dire la loro a livello mondiale. Certo ammetto che di freni ne abbiamo molti ma secondo me è l'unico modo per non finire in un tritacarne.

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    3. Sono d'accordo. Ma attenzione al fatto che non puoi creare impresa solo con l'occhio al costo del lavoro perchè è una battaglia persa in partenza. Oggi in Polonia, domani in Turchia poi ? Costruisci una fabbrica con le rotelle? Cinesi e Indiani crescono come funghi e non hanno tutti i nostri regolamenti in tema ambientale oltre al solito costo del lavoro e molto altro. Se cerchi di combattere solo sulle quantità e sul prezzo la vedo dura probabilmente un'altra possibilità altrettanto dura è cercare di essere innovativi. Fino a prova contraria gli Italiani in quanto a fantasia, gusto e capacità quando hanno voluto sono riusciti a dire la loro a livello mondiale. Certo ammetto che di freni ne abbiamo molti ma secondo me è l'unico modo per non finire in un tritacarne.

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  5. Qua si può fare solo produzione di Elite/alto contenuto tecnologico/qualità il resto è solo una perdita di soldi la mano d'opera è troppo costosa in Italia

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    1. Qui va avanti solo la pubblica amministrazione. Guardate che levata di scudi da parte dei sindacati per la chiusura Dell' agenzia delle entrate.

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    2. Siamo messi male ragà competivita zero

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    3. i sindacati, contro la PA, possono fare la voce grossa, in virtù del fatto che non c'è un "padrone"

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