6 ottobre 2013

Il distretto della casa e gli antichi lavatoi

Ieri pomeriggio, presso la sala consiliare di Palazzo Chiavelli, le forze dell'estrema sinistra si sono ritrovate per discutere di Indesit ed elettrodomestici. L'originalità di questa iniziativa sta in tre elementi principali: nel fatto che sia stata la sinistra radicale la sola area politica, dopo quattro mesi di vertenza, a interrogarsi su una proposta industriale alternativa al Piano Milani; che sia la prima volta che la politica non si limita a rivendicare ammortizzatori sociali e a proporre una solidarietà formale ed esteriore nei confronti dei lavoratori; e che la proposta non preveda la classica e impraticabile nazionalizzazione delle industrie Merloni che ti aspetti dai comunisti, ma rimanga focalizzata all'interno di un quadro in cui si riconosce, implicitamente, la relazione diretta tra competitività dell'azienda e mantenimento dei livelli occupazionali. Il paradosso, quindi, è che a discutere di strategie industriali e settoriali non è la sinistra patinata dei renziani o la destra a caccia di un nuovo inizio liberale, ma i più vetero tra i vetero. Il che, appunto, rende il tutto più ironico e curioso. La proposta della sinistra radicale, in soldoni, nasce prevalentemente da una constatazione relativa all'offerta produttiva regionale. Le Marche, nonostante la crisi, spiccano per la produzione di elettrodomestici bianchi, impianti per la climatizzazione, termosanitari, strutture per il solare termico, complementi di arredo per la cucina - come le cappe aspiranti - e per una produzione mobiliera che è ancora un punto di eccellenza, nonosante l'indebolimento della filiera del legno arredo generato dalla crisi. Esiste quindi, a parere della sinistra radicale, un ecosistema produttivo potenziale che ruota attorno alla Casa - e che non va confuso con la domotica che è una parte e non il tutto - e che ad oggi vive soltanto sulla carta, perchè opera in un clamoroso difetto di sinergie e di politiche industriali, sia a livello regionale che nazionale. Si tratterebbe, quindi, di inquadrare e sostenere un'azione reticolare e orizzontale, capace di connettere realtà produttive e aziendali autonome e assorbite da una logica dell'agire sostanzialmente verticale. E' sicuramente un punto di vista suggestivo ma poco convincente. A partire dalla proposta di una fusione propedeutica tra Indesit Company e Ariston Thermo Group. Innanzitutto perchè il destino strategico, operativo e societario delle singole aziende, secondo il principio inviolabile della proprietà privata, lo decidono insindacabilmente gli azionisti e non certo enti e istituzioni pubbliche. In seconda istanza perchè se anche una fusione del genere fosse possibile - e non lo è - la sua realizzazione pregiudicherebbe il fondamento della reticolarità, che prevede un equilibrio di pesi e di poteri tra i diversi nodi che coinvolgono la rete. In questo caso non saremmo, infatti, di fronte a un sistema di rete ma a un sistema solare ancora una volta merlonicentrico. Ma il vero problema è culturale: è, infatti, inutile pensare a un nuovo distretto della casa quando in Italia, di fatto, state accantonate politiche di sviluppo industriale e di sostegno fiscale, quando esiste una disparità radicale tra poche imprese che "sparano" con i missili telecomandati e la grande massa degli imprenditori tuttora inorgoglita dalle fionde e dalle pietre focaie, quando il fare impresa viene ancora ritenuto il frutto dell'incultura, del cinismo e di un senso degli affari che nasce dalla rinuncia a qualsiasi levigatura colta e umanistica(e basti pensare alle mille filippiche moralistiche contro il Nord Est ricco e disperato). Insomma, un'idea interessante quella di un nuovo distretto della casa, ma impraticabile per un Paese bizantino e levantino come il nostro, che mette la sua gente in condizione di pensare che non valga neanche la pena provarci. Riflettiamo quindi con passione e speranza sul futuro della lavastoviglie ma con la consapevolezza che, di questo passo, è assai più probabile un ritorno di massa agli antichi lavatoi.
    

17 commenti:

  1. Cassa integraziò...cassa integraziò.....volemo la cassa integraziò

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    1. So sette anni che ce l'avete, so sette anni che ce l'avete, mo basta, mo basta.

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    2. Andate a lavorare come supporto ai servizi pubblici, siete anche voi stipendiati dallo stato. Basta con palestre e lavoro nero

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    3. Quelli dell'Ardo cosa significa la parola lavorare se lo so scordatoLOL
      apperte quelli che fanno il lavoro in nero che guadagnano il doppio di prima in più usufruiscono di tutti i benefit dei cassa Integrati LA REPUBBLICA DELLE BANANE

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  2. Fabriano fase 1° Un lento inesorabile declino, verso il buio freddo del nulla.

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  3. Non rimane che abbandonare la città, Fabriano non ha più speranze, è una città morta, le persone soffrono anche la fame. Se volete salvarvi abbandonate Fabriano!

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    1. Ma dov'è' finito il proverbiale rimboccarsi le maniche e ricostruire? Chi se ne andrà sarà chi ha pocciato ( e chi sta pocciando) per grazia ricevuta. Chi tiene al territorio farà di tutto per risollevarlo !!!

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    2. Condivido con lei che dobbiamo fare di tutto per il territorio ma lo stato,la regione ,il comune deve essere al fianco anche delle piccole e medie aziende ,al fianco degli artigiani , dei commercianti ,degli agricoltori e di tutti i soggetti che con un po' di aiuto potrebbero fare quello che auspica lei .purtroppo lo stato e gli altri soggetti politici aiutano sempre quelli grandi lasciando i piccoli a lottare da soli carichi di oneri ,tasse e costo del lavoro al massimo in europa

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    3. ma quale fame, finimola co' 'sti piagnistei

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    4. Ci possiamo rimboccare le maniche quanto vogliamo ma la città resta sovradimensionata, per ripartire ci vorrà prima cosa un periodo nero che durerà anni poi quando la città si sarà ristabilizzata (e soprattutto Ridimensionata) si potrà ripartire

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    5. ma qualcuno sà quando finisce sta presa per il culo della cassaintegrazione (ardo) ?

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    6. Sovradimensionata rispetto a cosa? Al numero delle persone in cerca di lavoro rispetto ai posti di lavoro? Allora mi sa che questo discorso lo puoi estendere all' Italia.

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    7. triste verita tocchera rincominciare a migrare =/ a maggior ragione a Fabriano dove la situazione è proprio tragica, quando finira il doping della cassa integrazione sarà un lago di sangue

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    8. Nel distretto produttivo di Fabriano e' venuto a mancare un miliardo di fatturato dal 2007 ad oggi .e pensando alle situazioni difficili in corso peggio verrà

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  4. Fatturato =vendite, la gente non compra, che dovemo fa?

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  5. Carissimo Anonimo delle ore 9,19, il fatturato perso al quale mi riferisco io è tutto quello dell'Antonio Merloni al quale bisogna aggiungere il fatturato perso da tutta la sub fornitura sempre dell'Antonio Merloni, a questo bisogna aggiungere anche il fatturato perso da altre aziende che hanno chiuso o ridimensionato la produzione e, per ultimo, il fatturato che è partito da Fabriano per essere prodotto all'estero.

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    1. Stamo nella merda e la gente ancora non se ne rende conto pienamente "grazie" alla cassaintegrazione

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