7 maggio 2012

Culi, facce e bromuri

Oriana Fallaci, divina di penna e di cervello, avrebbe lanciato il suo grido di dolore: wake up! Sveglia! Ma questa non è una sveglia è un de profundis, una campana a morto, un rintocco definitivo sulle ambizioni e le miserie della politica a Fabriano. Alle 22 l'affluenza ai seggi registra un crollo spaventoso: -8%. Duemila elettori in meno rispetto al 2007, un astensionismo mai visto in una città abituata a rispettare la chiamata alle armi dei capibastone. Ma così è se vi pare, nonostante una giornata tempestosa, metereologicamente perfetta per rinunciare alle gite fuori porta e ammazzare il tempo andando al seggio. Stamattina si vota ancora fino alle 15, ma è difficile immaginare un flusso arrapato di elettori ritardatari, di votanti che hanno volontariamente dilazionato l'esercizio del diritto/dovere. Ci sono buone ragioni per credere che non si arriverà al 70% degli aventi diritto, che è la soglia della decenza e della legittimità nelle elezioni comunali. Le foglie di fico della classe politica sono già pronte per coprire questa prima vergogna politica: la gente è stanca, l'antipolitica ha colpito nel profondo, si vota troppo e troppo spesso, la crisi spinge alla diserzione e via a troncare e sopire. Ma c'è dell'altro. Qualcosa di molto serio che riguarda il presente e il futuro di Fabriano. Una città senza speranza, col culo che somiglia a un fiore di zucca, che ha scoperto, in poco tempo, come sa di sale succhiare l'osso dopo aver assaporato per troppo tempo la polpa. E che non ha visto nella politica qualcosa a cui aggrapparsi mentre il liquame saliva all'altezza delle labbra. La campagna elettorale è stata una continua istigazione alla diserzione e all'astensionismo: candidati totalmente sovrapponibili per indole, cultura e visione, programmi costruiti col copia incolla, scacaccio bipartisan verso ogni impennata di temperatura, faccia a faccia patetici e adulterati da domande consegnate in anticipo per smerciare come frutto di pensiero politico un'unica e motificante carne di pappagallo. Una somministrazione sistematica di bromuro che ha ammosciato la mobilitazione dell'elettorato e quell'investimento di passionalità zelante e militante che è il propellente di una sana e virile concezione bipolare e maggioritaria della politica. La gente è rimasta a casa ed è scandaloso scandalizzarsi per questa scelta silenziosa e consapevole, pannelliana ed eversiva rispetto al diabetico richiamo al senso civico, al voto utile e al "votate quel che volete basta che andate a votare". Ora, quali che siano i risultati di stasera c'è un terzo della città che rinuncia volontariamente alla rappresentanza politica e se ne fotte di qualsiasi richiamo al municipalismo. Il nuovo sindaco dovrà fare i conti con questa campana a morto. Faccia a meno dei festeggiamenti e dal giorno dopo cominci a girare come un francescano, a piedi scalzi e recchie basse, bussando porta a porta. Non per fare il figo ma solo per intendere le ragioni di chi non  ha sentito ragioni. E rienti a Palazzo Chiavelli solo dopo aver terminato questa via crucis democratica. Solo a quel punto potrà sperare di essere un Sindaco decente e non il solito invertebrato preoccupato del suo culo e della sua faccia. Che il più delle volte, tra l'altro, coincidono.
    

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