25 giugno 2013

Il monito di Don Giancarlo



Quello che segue è il testo dell'omelia pronunciata ieri in Cattedrale dal Vescovo di Fabriano, Mons.Giancarlo Vecerrica, durante la celebrazione per la nascita di San Giovanni Battista, patrono della Diocesi e della città di Fabriano. Ho deciso di pubblicarla, con laica adesione, perché contiene parole forti e ispirate sul rapporto tra Chiesa e territorio e tra capitale e lavoro, sui doveri che spettano ai cristiani quando sono coinvolti in attività di impresa e sulle sofferenze inferte al cuore di chi subisce decisioni che mettono a rischio il futuro.

1.         Quale è rapporto tra Giovanni Battista e la sua città e il suo territorio?
Giovanni Battista nasce qualche mese prima di Gesù, al tempo di Erode, in una città di Giuda, identificata oggi con Ain-Karim, a 6 km da Gerusalemme. Ecco il suo territorio tra Gerusalemme e il fiume Giordano, dove battezzerà. Giovanni Battista vive un legame stretto con tutto il territorio di Gerusalemme, perché vive fino in fondo le vicende del suo popolo, oppresso dai romani, che accorre alla sua predicazione e a farsi battezzare: come racconta il vangelo di Luca (cap. 3), dà consigli ai pubblicani, invita esattori delle tasse e soldati alla solidarietà, tira su veri discepoli pronti a seguire Gesù, come faranno poi Andrea e Giovanni, critica il re Erode per le sue “scelleratezze”. Ama il suo territorio e vi sprigiona tutto il suo zelo per la conversione, perché, come dice il vangelo di oggi, era certo che “davvero la mano del Signore era con lui”.
2.   Giovanni Battista ci propone una fede che cambia la vita, che entra nella realtà, che guida e converte un territorio con il suo popolo.
Ed ora la domanda è su di noi. Il cardinale Bergoglio, nel libro intitolato “Dio nella città”, si poneva questa domanda: “sto forse dicendo che la fede, di per sé, migliora la città?” e rispondeva: “Sì, nel senso che solo la fede ci libera”. Insieme al cardinale Bergoglio anch’io grido: Sì, la fede cristiana può rendere più felice e più bella questa città con la sua diocesi. Sulla scia di papa Francesco, vorrei anch’io dire: Cari amici della mia diocesi, dalle autorità all’ultimo tra noi, la dedizione della nostra Chiesa per questa città e il territorio è per riportare la fede al centro di tutta la nostra realtà, per fare tutto alla luce del sole, cioè alla luce di Dio, per non relativizzare o nascondere la fede ma per riportare la civiltà dell’amore che i primi cristiani avevano creato, infatti tra loro nessuno era bisognoso perché tra loro vigeva una vera comunità fraterna.
3.         È possibile oggi fare come Giovanni Battista? Come ci propone papa Francesco?
Sì, con l’impegno di tutti. Troppi cristiani stanno alla finestra, come aspettando Godot, cioè aspettando passivamente o si dilettano di dialettiche clericali, anche se laici. Occorre passare dallo sbadiglio e dalle chiacchiere al fascino dell’im-pegno missionario di Giovanni Battista, attorno a papa Francesco.
Oggi, il vescovo chiama tutti a rimboccarsi le maniche. Come?
Ai cristiani della mia Chiesa dico: appassioniamoci alla missione e tiriamo su veri discepoli di Gesù, come ha fatto Giovanni Battista. Discepoli non come li vogliamo noi e non a nostra disposizione, ma come li vuole Dio: discepoli nuovi, forti, coraggiosi, preparati, cristiani “rivoluzionari della grazia” (come li ha chiesti papa Francesco alla sua diocesi di Roma). Tiriamo su le nuove vocazioni. Fabriano e diocesi hanno bisogno di preti come papa Francesco: missionari, coraggiosi e indefessi. C’è bisogno di uomini e donne che nel sociale riportano lo “specifico cristiano”. Educhiamo coloro che sono stati chiamati a dare lavoro, soprattutto si se dicono cristiani, perché non si sentano padroni, non pensino solo ai soldi, che siano consapevoli della dignità dei lavoratori, che si ricordino del loro cristianesimo, che li richiama alla verità, alla giustizia e alla solidarietà. Se i datori di lavoro potessero leggere nel cuore di chi è licenziato o in pericolo farebbero l’impossibile pur di non licenziarli!
Ora mi appello ai giovani: non rimanete nascosti, evitando la Chiesa e l’impegno sociale, rimanendo nel limbo dell’incertezza o del vuoto. No: uscite allo scoperto, ritornate alla comunità cristiana e lottate “per non farvi rubare la speranza”. La Chiesa vi chiama per una creatività inimmaginabile: “siate coraggiosi e fieri – ha detto Papa Francesco proprio ieri – di andare controcorrente”.
E a tutti i lontani dalla Chiesa dico: non riparatevi dalla Chiesa e non abbiate paura ad impegnarvi in essa con l’incontro, con il confronto e con la collaborazione.
4.         Vi annuncio la nuova pastorale per la città e la diocesi
La mia triade – educazione, vocazione e missione – ci ha portati ad aprirci al dialogo verso tutti nei “mercoledì della fede”, che sono una specie del “Cortile dei Gentili”. Passeremo dallo studio del Credo alla riproposta del Padre Nostro, per entrare nel vivo delle sette domande, umane e coraggiose, che Gesù ci ha insegnato con il Padre Nostro: ci trasmetterà quella passione irrefrenabile, necessaria oggi.

Ecco allora la nostra preghiera di oggi:
San Giovanni Battista, nostro patrono,
riportaci tutti a Gesù, come tu hai fatto duemila anni fa.
Riporta tutti coloro che si sono allontanati all’Eucaristia della domenica e alla conseguente solidarietà.
Riporta Gesù e il suo vangelo nelle piazze, nel territorio, nel sociale attraverso preti vivaci e laici creativi.
Sostieni la nostra Chiesa locale perché sia sempre più in dialogo con i lavoratori che sono in una giusta lotta per il lavoro: proteggili e non lasciarli nell’incertezza. Converti coloro che sono alla guida delle industrie e della politica. Ispira alle nostre autorità e a chi ha potere ciò che è giusto, vero e buono.
Ti supplico san Giovanni Battista di convertire i cuori di tutti coloro che fanno soffrire i lavoratori: fa’ che il dialogo tra chi è in alto e chi è in basso sia la strada maestra per ricomporre ciò che è stato rotto.
San Giovanni Battista, suscita nei nostri giovani vocazioni belle, alte, coraggiose e piene della rivoluzione della grazia.

Fabriano 24 – 06 – 2013.                                             + Giancarlo Vecerrica
    

10 commenti:

  1. ero presente in Cattedrale , è stata una bellissima omelia tipicamente "francescana" , pero' credo che il nostro vescovo abbia sbagliato nel non fare nomi e cognomi.... , alla "famiglia" non frega nulla di quello che provano le persone che stanno per essere sbattute per strada , massima stima per te e per il tuo blog

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  2. è probabile che tu abbia ragione sul disinteresse della famiglia ma le parole sono pietre e negli ultimi tempi nessuno si è spinto così in avanti nel giudizio. C'è un radicalismo senza strepiti nelle parole del Vescovo che dovrebbe far impallidire diversa gente in questa città. A partire dai politici. Primi tra tutti quelli che parteciparono all'Aperitivo di Genga e che oggi cavalcano le barricate

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    1. Forse c'era qualcuno anche del pd ?

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  3. troppi di quelli che "si battono il petto la domenica", sono infarciti di ipocrisia...senza nomi, si sentono sempre in diritto di pensare che si stia parlando di altri...
    ________________
    G.R.

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  4. Troppi sono i calci in culo dati dalla chiesa stessa negli anni. Troppi i favori chiesti partendo dal Monastero arrivando alla Curia. Non sono anticlericale, ma che la chiesa sfami il povero di spirito e non quello di Lavoro. Troppi amici della chiesa negli anni hanno occupato spazi che magari non gli spettavano e molti veri cristiani si sono limitati a fare il loro lavoro.

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    1. Senza dubbio il miglior commento finora su questa pagina.

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    2. condivido anch'io. Inoltre qualcuno dei tagliatori di teste è stato imbucato dalla curia...

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  5. Magari di CL.

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  6. Finalmente un coraggioso appello-monito a chi di dovere piuttosto che la solita compassione nei confronti dei più deboli.

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