3 giugno 2013

L'abolizione della fascia 0: il merito e i simboli



Si dice che l'assessore Tini stia lavorando per eliminare la fascia Zero di accesso ai servizi scolastici, ossia quella che attraverso l'ISEE prevede l'esenzione totale dal pagamento. Si tratta di una ipotesi che che coinvolge il merito e i simboli e che proprio per questa complicata duplicità, che è insieme politica e sociale, non può essere giudicata e risolta né con la lente del buonismo né con quella degli equilibri di bilancio a tutti i costi. Ora, se ci si vuole attenere al merito non si può non riconoscere come l'esenzione totale abbia anche alimentato una robusta irregolarità - e talvolta veri e propri abusi - legata a forme di lavoro poco o per nulla contrattualizzato e a stili di vita e di consumo delle famiglie coinvolte incompatibili con gli elevati livelli di indigenza che giustificano una zona franca totale di accesso ai servizi. In questo senso l'abolizione della fascia Zero risolve alla radice il problema estirpandolo, con una logica di taglio lineare che semplifica una scena in cui tutti i gatti sono grigi ma generando - in parallelo - un effetto profondamente iniquo nei confronti di quei cittadini davvero indigenti che necessitano di una solidarietà collettiva che si faccia carico della loro situazione difficile. Su questo versante c'è quindi da sperare che l'Assessore Tini eviti un taglio indiscriminato, separando cristianamente il grano dal loglio e individuando criteri efficaci e condivisi da tutto il Consiglio Comunale per l'esenzione totale, per evitare che una previsione di maggiori entrate metta in discussione uno dei cardini della solidarietà e del welfare municipale. Insomma, se nel merito la posizione dell'amministrazione può avere un suo perché e certamente merita un approccio collaborativo e orientato alla soluzione dei problemi, c'è però grave un effetto collaterale, che chiama in causa i simboli e, nello specifico, la sensazione di totale intempestività restituita dalla decisione di eliminare la fascia Zero. Già, perché prendere una decisione del genere adesso - con tassi di disoccupazione da centro minerario inglese e una comunità che per sopravvivere ha cominciato a consumare un patrimonio personale e familiare a bassissimo tasso di rigenerazione - somiglia a una chiusura, a uno schiaffo all'indigenza, a una politica che proprio nella sua dimensione di maggiore prossimità volta le spalle ai suoi cittadini più bisognosi. Viviamo una situazione in cui ogni fabrianese è potenzialmente a rischio povertà: perdere il lavoro significa trovarsi sull'orlo dell'abisso, senza la possibilità di ritrovarne un altro e con la certezza che anche emigrando non troveremo ad attenderci le cosiddette salsicce appese ai fili. Di fronte a questa cupa atmosfera di decadenza e di paura, fare i conti con un'amministrazione che decide di eliminare la fascia d'esenzione totale - quali che siano le ragioni di bilancio che la muovono - lascia in bocca un sapore amaro di resa senza condizioni e la sensazione che certe posizioni nascano da soggetti che sono ben lungi dal conoscere di persona i problemi e le difficoltà che coinvolgono sempre più concittadini. Tini, in più di un'occasione, ha ricordato le proprie origini sindacali e cisline come espressione di un solidarismo cristiano che ne dovrebbe ispirare le scelte e la politica. Per questo gli chiediamo di agire di conseguenza, soprassedendo - nonostante le comprensibili ragioni amministrative e contabili - dall'abolizione della fascia Zero. Per dare un segno di disponibilità e di apertura. Non gli si chiede certo di rinverdire le gloriose tradizioni del municipalismo cattolico e socialista, che sarebbe troppo anche per un estremista dei centri sociali. Sarebbe sufficiente un Comune amico, ma abbiamo la sensazione che pure un semplice desiderio amicale sia troppo di sinistra per la Giunta Tini. Perché, come saggiamente si dice in questi casi, una finta sinistra è sempre una vera destra.
    

15 commenti:

  1. Ma guarda, questo articolo va letto di concerto con quello dei "premi" in denaro ai dirigenti comunali. Quanto la tecnocrazia prende il sopravvento sulla filosofia sono veramente tempi bui.

    RispondiElimina
  2. Ho visto che ti è piaciuto il link al Foglio sulla resistenza umanistica. La tecnocrazia e la sua orgia di numeri e cifre

    RispondiElimina
  3. è un discorso molto complesso da affrontare questo, perchè da una parte ci sono tutte quelle persone che dietro ad un reddito isee bassissimo tale da giustificare la sua posizione nella famigerata 'fascia zero' non sempre nella realtà dei fatti ha un reddito così 'basso', o meglio tanto piu basso, di quelli che in fascia zero non ci rientrano perchè hanno un lavoro chiamiamolo'regolare'! Dall'altro c'è che se una persona non lavora e quindi non ha reddito non ha nemmeno la necessità di lasciare i figli a mangiare a mensa ad esempio, ma qui entra in ballo il Comune che a questo punto dovrebbe permettere a coloro che ad esempio hanno i figli che frequentano la scuola a tempo pieno, di poterseli riprendere a pranzo, farli mangiare nelle proprie case, e poi riportarli a suola, così chi non ha la possibilità di pagare la mensa risolverebbe in questo senso!!!! Il trasporto invece crea sicuramente maggiori problemi poichè alcune persone potrebbero non avere la macchina e quindi avere assoluta necessità del trasporto scolastico per portare i figli a scuola!!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quella da te proposta è una soluzione già ad oggi possibile perché puoi usufruire del tempo pieno ma far mangiare i figli a casa

      Elimina
  4. Condivido la complessità del tema e il bisogno di approfondire con la consapevolezza dell'ambivalenza politica e sociale di questo tipo di provvedimenti. Ma ho l'impressione che il feticismo dei numeri e dei bilanci sia l'unica ragion d'essere di questa amministrazione

    RispondiElimina
  5. Se ci sono dei truffatori questi vanno perseguiti. Per il resto non mi sembra nulla di nuovo. Forti con i deboli e deboli con i forti. Si cancella quel poco di Stato sociale che è rimasto a discapito dei soliti svantaggiati. Coerente con la politica Nazionale.

    RispondiElimina
  6. PArliamo di mense ? perchè non parlare di come sono mal gestiti i fondi per l'aiuto con gli affitti ? Iniziamo a controllare come vengono gestiti i soldi e sopratutto se io aiuto con gli affitti verso direttamente al locatario. La mensa diventerà un boomerang perché alla fine a togliere i figli non sono quelli che non pagano ma chi paga o paga magari di meno. In quel caso voglio vedere come aumenteranno le tariffe per chi usufruirà. Ci ritroveremo con un buo nnumero di non paganti e un buon numero di chi paga molto. Vorrò vedere poi se chi ancora manda i figli a mensa a pagamento non inizierà a pretendere un menù decente. Mi chiedo anche quando molti genitori non inizieranno a chiedere delle stanze per far mangiare i figli, cosa che in altri comuni già c'è.

    RispondiElimina
  7. Parliamo della scuola,perche' gli studenti figli di stranieri non pagano le spese dei servizi vari ,come le spese di segreteria ?
    E invece i figli dei cassaintegrati italiani pagano lo stesso ?
    Questo senza verificare nessun certificato isee.

    RispondiElimina
  8. il principio dovrebbe essere che i servizi vanno pagati, 'sto pauperismo cialtrone va avanti a causa dei soliti finti solidali che ci campano sopra...

    RispondiElimina
  9. L'anno prossimo col caz*o che li faccio mangiare a mensa I miei Nipoti visto che glie la pago io (e non sono 4 spiccioli) che muoia sansone con tutti i Filistei

    RispondiElimina
  10. E chi le paga le cause perse dal Comune per 400 mila euro?

    RispondiElimina
  11. Il tempo dell'assistenzialismo deve lasciare il passo a forme diverse di solidarietà, sia pubblica che privata.
    E questo a prescindere dal fatto che oggi i soldi non ci sono più per fare niente.
    Conosco disoccupati che rifiutano quella che considerano elemosina (dal comune, dalla caritas, dalla san vicenzo de paoli) perché l'unico modo che sanno per guadagnarsi il pane quotidiano è quello di lavorare.
    Allora diventa un discorso di dignità: se chiedo in cambio di nulla è elemosina, se chiedo in cambio di qualcosa che posso fare, ci spostiamo sul piano della dignità.
    L'altro giorno ha suonato alla porta uno straniero: non mi ha chiesto soldi, né ha tentato di vendermi calzini o fazzoletti di carta. Mi ha chiesto se avevo bisogno di una mano per tagliare l'erba e la siepe: voleva lavorare non avere l'elemosina.
    E' l'esempio del supermercato dei poveri di Modena. Chi ci va prende tutto gratis in cambio di un giorno di lavoro a settimana.
    E' un tema complesso ovviamente anche perché in Italia ci sono norme sul lavoro da rispettare, ma può essere una strada. Magari anche per toglierci di torno i molti furbi che tra le pieghe del buonismo assistenziale ci sguazzano a svantaggio di chi furbo non è o non vuole esserlo.

    RispondiElimina

Sarà pubblicato tutto ciò che non contiene parolacce, insulti e affermazioni discriminatore nei confronti di persone