12 giugno 2013

La posta in gioco



L'operazione dolcificante non è passata e il tentativo di irretire la protesta, fomentando speranze incentrate soltanto su una generica apertura al dialogo del vertice Indesit, si è infranto in poche ore di fronte all'inasprirsi della conflittualità sociale che si concretizzerà in altre sedici ore di scioperi a sorpresa nei diversi stabilimenti coinvolti. Ma per provare a capire annessi e connessi di certe posizioni potrebbe essere utile tornare ad Adamo ed Eva, ovvero comprendere perché Indesit Company abbia elaborato un Piano draconiano di smobilitazione e delocalizzazione. Per avere qualche dettaglio in più sulla situazione può essere utile dare uno sguardo ai dati, pubblicati direttamente dal gruppo, relativi al primo trimestre del 2013 (Comunicato Stampa I° trimestre 2013), da cui emerge una contrazione del fatturato, del margine operativo e dell'utile netto ma non tale da giustificare un'ira di Dio come quella a cui stiamo assistendo. Anche perché, nella valutazione dei ricavi e della redditività dell'area occidentale, il comunicato stampa fa affermazioni che non corrispondono alla narrazione drammatica del mercato che ha accompagnato la presentazione del Piano se è vero che "Il fatturato nel primo trimestre 2013 ha subito una riduzione, rispetto al primo trimestre 2012, del 10,7%. I ricavi per prodotti finiti sono diminuiti in conseguenza di minori volumi di vendita (soprattutto Francia) e della svalutazione della Sterlina rispetto all'Euro. La redditività dell’Europa Occidentale nel primo trimestre 2013 ha subito una riduzione del 36,1% rispetto al medesimo periodo del 2012. Il decremento è principalmente dovuto dal price/mix e dall'andamento negativo della Sterlina. Tali effetti sono stati parzialmente bilanciati dalle efficienze industriali e da un contenimento dei costi in pubblicità e promozione." E anche se uno non è un campione di economia aziendale, quando legge di price/mix e di andamento negativo di una moneta non vengono in mente congiure di mercato ma trend che debbono essere governati perché, altrimenti, non si capisce cosa ci stia a fare un management aziendale tra l'altro lautamente retribuito. L'unica spiegazione possibile, per una drammatizzazione di questa portata, è che il Piano possa rappresentare una delle condizioni di vendita necessarie per la stipula di un accordo di cessione a un grande player. Anche perché, nell'ultimo anno, pare che la capitalizzazione di Borsa sia andata alquanto bene e un Piano come quello presentato, di certo, fa impennare il titolo e consente alla proprietà di arrivare alla vendita attrezzata con parecchia polpa e con le spalle ben coperte. Di fronte a questo scenario potrebbe quindi risultare fuorviante e sterile focalizzare l'attenzione sugli esuberi, perché quel numero non sembra legato alla configurazione e alle dinamiche del mercato, ma a una probabile determinazione a vendere che forse abbisogna di un'operazione preliminare di mietitura e di uno scalpo propedeutico da presentare al player internazionale interessato all'acquisto. Se così fosse vuol dire che la partita non si giocherà sul numero degli esuberi ma direttamente sul fallimento dell'accordo con il player internazionale. Un obiettivo sindacale da far tremare i polsi: o si perde o si vince. Tertium non datur.
    

27 commenti:

  1. Allora non sono l'unico che la pensa così:

    "Di fronte a questo scenario potrebbe quindi risultare fuorviante e sterile focalizzare l'attenzione sugli esuberi, perché quel numero non sembra legato alla configurazione e alle dinamiche del mercato, ma a una probabile determinazione a vendere che forse abbisogna di un'operazione preliminare di mietitura e di uno scalpo propedeutico da presentare al player internazionale interessato all'acquisto."

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  2. Mi sa che siamo in parecchi...

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  3. Simonetti oggi hai centrato esattamente il bersaglio. In realtà tutto quello che sta succedendo è una programmatissima operazione che porterà alla vendita della Indesit, operazione logicamente già concordata con l'acquirente. Gli operai in questi casi sono carne da macello...purtroppo.

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    1. Basta con questo sciacallaggio sulle spalle dei lavoratori!!!

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  4. Se vendon c'è qualcuno che compra. Ma quando Merolini comprò l'Indesit nei lontani 90, licenziò qualcuno?

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    1. i licenziamenti spettano a chi vende...almeno l'acquirente non comincia col piede "sbagliato"
      con l'acquisizione della indesit, non ricordo molto bene, ma mi sembra ci fu l'impegno di mantenerne aperti i siti produttivi...poi qualche anno fa, ci fu la chiusura dello stabilimento di None.
      _____________
      G.R.

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  5. Classico all'Italiana: cose che tutti sanno e che nessuno, o quasi, dice.

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  6. Vecchi articolo del dicembre 2012 che molti hanno già letto per chi non l'ha fatto è da leggere (soprattutto la seconda parte). Allego il link così per cercare di allargare il quadro della situazione.

    http://www.linkiesta.it/indesit-la-famiglia-vuole-interdire-il-patriarca-delle-lavatrici

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    1. Quello che nell'articolo non viene scritto è che oggi il 94% e rotti del capitale di Fineldo Spa, che detiene il 42% e rotti del capitale di Indesit Company è posseduto da Istifid Spa
      Per sapere di cosa si occupa Istifid andate su www.istifid.it alla pagina servizi.

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  7. Sull'acquisto di Indesit da parte della Merloni Elettrodomestici ho trovato questo articolo apparso su Repubblica nel lontano 1987: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/12/04/siglato-accordo-per-la-nuova-indesit.html

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  8. Whirlpool? Electrolux? General Electric Company? Bosch Siemens? Samsung? Chi si mangerà la Indesit? Per poi produrre in Polonia ma sopratutto Turchia dove le esportazioni sono favorite dalla Lire Turca che perde valore rispetto al Dollaro e all'Euro. Quindi produrre in Turchia vuol dire produrre bene e vendere meglio. Chiarito questo aspetto cosa resterà di noi come ci rialzeremo? Parliamo del futuro del nostro futuro, parliamone adesso.





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  9. Purtroppo mentre si cade dall'alto è difficile capire se sopravviverai, quali ossa si romperanno e se ti rialzerai. Io ho molta paura. Lo dico senza vergogna. Oggi tocca a Tecnowind e sono altri 320 persone. Fra poco è la fame perché l'effetto domino è garantito

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  10. Che lago di sangue ragazzi.... speriamo che questo governo faccia le riforme strutturali che sono VITALI per il paese e abbassi sto cavolo di costo del lavoro che è pazzesco in italia

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  11. Sono convinto che l'industria italiana ripartirà prima o poi, molto lentamente ma ripartirà. Saranno politiche di riduzione del costo del lavoro a indurla, minor costo dell'energia per le aziende, purtroppo minori diritti per il lavoratori e ancora più flessibilità in entrata e uscita. Ma chi poi verrà ad investire in questo angolo di mondo che si chiama Fabriano, mal servito strutturalmente e lontano da ogni via di comunicazione. Essendosi rotto il legame fra territorio e imprenditoria locale a noi rimangono le pecore, un pò di carta, qualche turista e poco altro.

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  12. E' il caso di dire....siamo troppi. Questo è un paese per vecchi.

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    1. Siamo in troppi a Favrià perchè ci è sempre fatto comodo pretendere lavoro sotto casa

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  13. Caro Simonetti per capire la drammaticità vai a Melano vedrai i padri con bambini e bambine è così triste da far piangere, è una situazione che urla la parola VERGOGNA dobbiamo muoverci oltre a postare bisogna indignarsi e stare fisicamente vicini a agli operai,ci stanno facendo il deserto e nel deserto non si sopravvive.

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    1. E gli operai di Merloni a chi sono stati vicini quando le altre fabbriche chiudevano? Un pò di sana autocritica, non è che si può piangere solo quando il bastone tocca la propria schiena.

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  14. La cosa che faccio fatica a comprendere è questo fastidio che percepisco sempre tra le righe per il fatto che questo blog sostiene una linea di netto sostegno agli operai. Ci sono circa mille persone al giorno che oramai vengono a leggere a commentare a incazzarsi e credo siano utili quanto quelli che vanno a Melano fisicamente. Anche questa è una minorità tutta fabrianese che si fatica a comprendere. perchè se io scrivo una cosa che leggono in mille credo di essere più utile che a Melano dove non credo di avere la possibilità di parlare con mille persone. Sbaglio?

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    1. Assolutamente no !!! Però il favrianese ha fatto suo il motto :"armiamoci e partite".
      Tra l'altro l'ultima vera mobilitazione che a memoria mi ricordi è stata quella per le Cartiere.

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  15. E allora restiamo tutti a casa guardare i muri seduti con il culone flaccido a smanettare sulla tastiera e a girare il mondo con Google Maps, quando lo capirete sarà sempre troppo tardi, vi risentite da un verso o dall'altro però a muoversi niente, questa città non ha una comunità, voi lo dimostrate!

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    1. Tu perchè adesso ti trovi con il culo per terra ti decidi a smuoverlo? E' dal 2003 che si sta delocalizzando a Fabriano (IMEF, ti ricordi?) e vuoi protestare ora ? Quando la cosa non ti tangeva il muro lo guardavi o cosa?

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  16. bene accetto la sfida. Dichiarati qui con nome e cognome e organizziamo assieme una manifestazione di sostegno. Scrivimi in privato su giasim@libero.it e lanciamo la cosa anche sfruttando questa pagina. Che ne dici?

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  17. le manifestazioni già si fanno basta andarci....ti racconto questa storia che è rappresenta l'industria fabrianese; INVERNESS - Dopo un volo di 30 metri dal Kessock Bridge di inverness, in Scozia, noto anche come il ponte dei suicidi, un uomo è stato dichiarato morto e portato in obitorio. Qui la sorpresa dei medici: il cadavere dava segni di vita. Dopo un tentativo di rianimazione, però, l'uomo è stato dichiarato morto per la seconda volta, quella definitiva. Come racconta il Mirror, l'uomo si era lanciato dal ponte ed era rimasto in acqua per almeno dieci minuti. All'arrivo dei soccorsi, nonostante i tentativi di rianimazione, l'uomo era morto ed è stato trasportato al Raigmore Hospital di Inverness. Qui, nella camera mortuaria, il personale ha notato segni di vita: il suo cuore ha ricominciato a battere, tanto che i medici hanno provato a rianimarlo ma anche stavolta inutilmente: dopo pochi minuti l'uomo è morto per la seconda volta. Ora il caso è al vaglio della NHS Highland e del Servizio Ambulanza scozzese, nonché delle autorità legali. I primi a dichiarare la morte per arresto cardiaco sono stati gli addetti del servizio ambulanza scozzese, poi due squadre di medici hanno confermato.

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